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La Casta.


Stella e Rizzo, pp.284
Rizzoli,            18 Euro

Pur non essendo esattamente avvincente a causa dell’esposizione un po’ teatrale da italiano che fa i conti della serva, l’inchiesta ci sta tutta ed è fatta con rigore. Malgrado nel diffuso malaffare fatto di sprechi e nepotismo  raccointato da Stella e Rizzo ci siano di mezzo praticamente tutti i vertici della Pubblica Amministrazione, di cui non mancano nomi e cognomi,  pare non sia ancora partita nessuna denuncia per calunnia. La sensazione è che la classe politica faccia di tutto per evitare l’argomento, al più allontanandone da sé lo spettro recitando anatemi sui rischi dell’ antipolitica. La Casta è un’arringa sorniona, pronunciata dall’autore col tono del tribuno della plebe che sa di avere in mano tante e tali prove sulla colpevolezza dell’intero spettro politico italiano (sembra salvare soltanto Soru) da potersi concedere di dosare compiaciuto ironia e biasimo. Stella, infatti, stravince una partita tutta in discesa per scelta del bersaglio e vastità della platea, partita che lui ha però  il merito di aver cominciato a giocare prima degli altri. Ora però, accantonato il fenomeno editoriale e attendendo lo stormo degli emuli e degli epigoni, resta da capire come abbia fatto questo popolo sempre santificato nella retorica nazionale ad essersi fatto rappresentare da questo gruppo di mediocri arrivisti? E qui ci sono due alternative: o la democrazia rappresentativa in Italia non funziona, oppure la verità è che questi rappresentano benissimo il paese. Eddai, guardiamoci bene allo specchio: non è che questa classe dirigente un po’ ci somiglia?

Voto: 6+

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