Il romanzo d’esordio di Alessandro Bernardini si può forse definire un romanzo storico con intreccio principale basato su una crime-story. Sullo sfondo la Perestroika, Piazza Tienanmen e la caduta del muro, la via di Gorbaciov e la fine del socialismo reale, sotto i piedi la Roma di fine anni ottanta, le sue due guance entrambe sporche, la strada dura e criminogena. Ugo, un ragazzo cresciuto a cavallo tra l’educazione valoriale materna e la tradizione criminale paterna, avrebbe il fisico, il profilo e la drammaticità per essere il protagonista, ma si stanca presto di esserlo. In realtà, si rivela un sasso lanciato nella trama del romanzo che urta le vite degli altri personaggi, abbattendoli come birilli in fila e prestando loro di volta in volta il centro della scena, la quale si fa policentrica con naturalezza, senza spiazzare e rischiando spesso di intrigare il lettore. Il ritmo è sostenuto ma in grado di respirare, lo stile è riconoscibile e dosa con cura essenzialità e pathos. L’azione è restituita con immediatezza mentre qualche dialogo risulta appesantito dalla rinuncia al romanesco. Più si va avanti più i protagonisti interessano per quel che sono, indipendentemente dalle rispettive traiettorie e, contemporaneamente, il fuoco su cui gli occhi del lettore non possono che posarsi diventa non Ugo né gli altri, ma l’Altro, un personaggio anonimo sulla cui ossessiva esistenza si aprono squarci di narrato che viaggiano paralleli al resto della trama. L’anima scura, l’Altro personaggio, il parassita emotivo del libro, l’oscena figura notturna, striscia abilmente con le proprie pagine crude tra le tracce narrative, breve e velenosa, senza essere antagonista.
Ogni personaggio è il primo antagonista di se stesso e ognuno trova inoltre nel libro il proprio avversario naturale: il ladro e lo sbirro, il figlio e lo pseudo-padre, il prigioniero e il carceriere, lui e lei. L’ombra invece, il personaggio anonimo, non è l’antagonista di nessuno se non del romanzo stesso, col quale flirta da vicino senza farne parte. La tinta più scura, che diventa metro e fondo scala dei peccati degli altri e di fronte alla quale verrebbe voglia d’assolverli tutti, sbiancandoli per amnistia. La presenza dell’Altro impedisce al lettore di concedersi una lettura inquinata dall’assenza di dubbi, liberando la fiction dal proprio lato rassicurante e in questo, l’anonimo, è il personaggio con la funzione letteraria più importante. Il meccanismo tiene, funziona, regala bei momenti di lettura, si entra in contatto con la psicologia dei ruoli, si legge con curiosità senza che l’opera si impicchi a essa. I protagonisti sono universi che crollano, inesorabili, corrono contro se stessi fino all’ultima pagina, planando in un lungo epilogo, in cui il ritmo rallenta e i nodi vengono al pettine, finché la Vodka è finita davvero e verrebbe voglia di averne ancora un po’.
Il formato in brossura regge bene i maltrattamenti, i colori di copertina tendono a sbiadire migliorandone a sorpresa l’aspetto cromatico, d’un verde inquietante quando il testo è fresco di stampa. Bella e appropriata invece la grafica di copertina. L’impaginazione non infastidisce, a una prima lettura non si vedono refusi, il formato è maneggevole, dopo averne goduto, sullo scaffale (ma anche da qualsiasi altra parte, come ci ricorda Bernardini postando foto del volume nei posti più improbabili), ci sta bene.
Voto: 7
[new] Posizione sullo scaffale: Sezione dominata da Eddy Bunker, settore italiano tra Smeriglio e De Cataldo.